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mercoledì 8 febbraio 2012

INTERVIEW AND REVIEW ON 'VINCEBUS ERUPTUM' (Italy)


VINCEBUS ERUPTUM n.12






The new number will be available in two different versions:

Vincebus Eruptum N°12 (only magazine) - 500 copies
Vincebus Eruptum N°12 deluxe (magazine + "Acid Sounds Vol.1" cd compilation) - 500 numbered copies


"Acid Sounds Vol.1" exclusive CD compilation includes the following tracks (all previously unreleased or rare ones):

01 - CORE "Mood Disorder"
02 - OJM "Har(d)ucks"
03 - THAT'S ALL FOLKS "Hypnotic Pulse"
04 - THE FREEKS "Vitamin-D"
05 - TECTONIC BREAK "Maria"
06 - E.X.P. "DNA connect just like a kids tumble"
07 - VIC DU MONTE'S PERSONA NON GRATA "Man On A Mission"
08 - VIBRAVOID "Photosynthesis In Darkness"
09 - COLT.38 "Amplesso in DOm"
10 - ZIPPO "Night Jam #2"
11 - ELECTRIC MOON "Trip Trip Trip"

Due to a graphical misunderstanding on the CD wallet list, tracks 9 and 10 are reversed. Officially track 9 is played by COLT.38 and track 10 by ZIPPO.


ORDER IT HERE: www.vincebuseruptum.it

mercoledì 1 febbraio 2012

REVIEW ON 'HARDSOUNDS.IT' (Italy)

ZIPPO - Maktub

87/100


Il dischetto del quale ci apprestiamo a decantare le lodi è un vero e proprio viaggio che ci porterà a visitare i brulli deserti americani (grazie alla componente stoner, soprattutto in "Simum" sotto effetto peyote), o le verdeggianti e lussuriose lande inglesi (definite dal lato progressive/psichedelico), commistionando tali visioni con il crossover/alternative degli anni ‘90 che ha avuto trai suoi purveyors gli Stone Temple PilotsSoundgardenAlice In ChainsJane's Addiction ("Man Of Theory", con l'aggiunta di massicce dosi post metal in "The Personal Legend" e "The Omens"), ed un pò di suoni pesanti a là Mastodon. Secondo parto su Subsounds Records, scelta alquanto desueta in quanto l'etichetta romana è votata perlopiù a sonorità industrial, noise, postcore et similia, ma se il manager ha scelto di metterli sotto contratto è perché già dal precedente disco (recensito addirittura sul britannico The Sun) aveva fiutato oltre alle potenzialità intrinseche anche la loro capacità di cambiare pelle, mantenendo sempre un songwriting di eccelso livello ed un caleidoscopio di riferimenti che la taggano quale band di elevato standard qualitativo. Prodotto da Victor Love (Dope Stars Inc) e masterizzato da sua maestà James Plotkin (Old Lady Driver, Khanate, Sunno)), Isis), il suono che ne deriva non poteva essere migliore viste le cure a cui è stato affidato; i pescaresi si circondano di ospiti d'onore grazie ai quali rendono la proposta ancor più variata, come se ce ne fosse bisogno, (Luca Mai, sax degli Zu dona sperimentazione al finale di "Simum"), e Ben Ward (spoken word su "Man Of Theory") ugola degli Orange Goblin. I brani "Caravan To Your Destiny" e "We, People's Heart" sono dei veri hit da classifica (ricordano molto da vicino gli Stone Temple Pilots di 'Core'); superba la prova vocale di Dave che spazia dall'aggressivo all'evocativo, al graffiante, senza mai scadere nel ridondante, ma aggiungendo frecce al suo arco ad ogni traccia; ci chiediamo quando e se li ascolteremo in rotazione su Virgin Radio, o altre radio mainstream votate al rock.


Ivan Fanelli
www.hardsounds.it

mercoledì 9 novembre 2011

lunedì 10 ottobre 2011

REVIEW ON 'ITALIADIMETALLO.IT' (Italy)

ZIPPO - Maktub

9,5/10


I pescaresi Zippo, già autori di due album, tra cui l'ottimo Road to Knowledge(2009), pubblicano Maktub, la loro prova finora più matura ed evoluta. Il titolo prende spunto dall'omonima raccolta di racconti brevi - sorta di parabole - di Paulo Coelho ed è un termine arabo che significa "così è scritto". Per la cronaca, questa antologia del grande scrittore brasiliano è disponibile in formato eBook scaricabile gratuitamente (e legalmente) qui. I testi del disco sono pertanto molto importanti e densi di riferimenti a temi quali il viaggio come esperienza interiore, spirituale e totalizzante. Dal punto di vista più strettamente musicale, se in passato i nostri si muovevano in ambito stoner e affini, oggi il loro stile vira più decisamente verso un metal progressivo-psichedelico, come ben dimostra la traccia introduttiva, "Personal Legend", nella quale viene rivisitata la lezione dei Mastodon: ritmiche in costante "ebollizione" e intricate, così come i riff di chitarra, mentre la voce di Dave, ora tesa e nervosa, ora cupamente suadente, pare rifarsi alle timbriche care agli Alice in Chains. Un'apertura di tutto rispetto, bissata dallatooliana "The Omens", ruvida e fragorosa ma capace di regalare brividi di grande suggestione nel cantato, che passa con disinvoltura dallo screaming a toni melodici e avvolgenti. "Caravan to Your Destiny" beneficia di ritmi sincopati e di una struttura in bilico tra psichedelia pesante, progressive metal e contaminazioni avantgarde, tant'è che compare come ospite Luca Mai degli Zu, con i suoi peculiari inserti di sax baritono, che ritroviamo in "Simum", una delle composizioni chiave: psichedelica, acida, "malata" nel solco dei migliori Alice in Chains, riletti però in chiave personale e con una componente noise-sperimentale che denota le brillanti intuizioni della band abruzzese. Nella sferzante "Man of Theory" canta un ospite di riguardo come Ben Ward (Orange Goblin), che presta la sua voce rauca e alcolica, mentre "We, People's Hearts" fa centro con il suo crescendo elettrico, dettato dai riff pesanti di Sergente e Franz e dalla quadrata batteria di Ferico; intenso il testo, imperniato sul dualismo forza-fragilità della natura umana. La canzone conclusiva è "The Treasure", magnetica e dotata di grande spessore onirico-psichedelico, e non a caso le liriche sono incentrate (anche) sulla forza dei sogni. Un esemplare episodio di metal moderno e progressivo nel vero senso della parola, ossia rivolto al futuro e in costante evoluzione, proprio come la parabola artistica degli Zippo, ormai lanciati verso traguardi di tutto prestigio in Italia e direi soprattutto all'estero, dove suonano spesso e volentieri, costruendosi così una reputazione sempre più solida e credibile. Corredato da una splendida veste grafica, Maktub è uno dei miei dischi dell'anno. "Così è scritto"...

Costantino Andruzzi
www.italiadimetallo.it

REVIEW ON 'ACIDI VIOLA' (Italy)

ZIPPO - Maktub


Di gruppi appartenenti al filone stoner del nostro paese ne abbiamo già parlato a sufficenza in passato, dai Treehorn agli Herba Mate, passando per Dust Inside e chissà quanti altri. Ecco, ora apprestatevi ad aggiungerne un altro alla lista perchè questo Maktub dei pescaresi Zippo, dopo i due precedenti Ode To MaximumThe Road To Knowledge, merita di sicuro un posto di rilievo in questo particolare genere.
In uscita a marzo di quest'anno, ascoltandolo vi salteranno subito all'orecchio i riferimenti principali (Tool?Mastodon? fate voi...) e, se siete ascoltatori attenti, riuscirete addirittura a scoprire chi ha collaborato in qualche traccia. Il primo passo, the personal legend, è il passo più pesante. Tre minuti e quaranta secondi che già dalla prima nota vi verranno addosso con tutto il loro peso, tra scariche stoner-metal, schitarrate veloci e una batteria che rotola veloce e mira ad investirti in tutta la sua percussiva potenza. Ed è proprio un gran bell'inizio, che però subisce una brusca tirata di freno a mano quando parte the omens. Il pezzo successivo. La rallentata desertica. Rallentata si, ma non meno pesante. Ci si ferma, a metà brano, in una oasi psichedelica d'introduzione al ritorno delle distorsioni pronte ad accompagnarci fino alla fine del brano. Caravan to your destiny, con un riff in palm-muting che, per un minuto buono, ci tiene per mano, portandoci all'ingresso delle distorsioni, macina casino su casino, e fonde insieme chitarre, batterie e voci, pronte a fermarsi solo a pochi secondi dalla fine. Ed è prendendo spunto dal silenzio dei secondi finali di questo pezzo che fa il suo ingresso in scena, quasi inciampando, man of theory. Qui solo dopo i due minuti prende piede la classica rabbia del gruppo, anche se non disprezza una brusca frenata "pulita" dopo i quattro minuti, con tanto di partecipazione nobile (la voce di Ben Ward degli Orange Goblin). E quanto ci vuole ad un gruppo del genere per arrivare dal deserto alla luna? poco, solo cinque minuti e mezzo. We, people's hearts è uno shuttle diretto verso il cielo, lento a partire (ci mette quasi due minuti ad accendere i motori) ma che quando lo fa comincia a viaggiare in perenne accellerata (anche se la formula giusta sarebbe "in appesantimento"). E al ritorno dalla breve parentesi lunare ci si ritrova in Simum: lenta ed orientaleggiante, è un'oasi nel deserto tra cammelli, caldo, miraggi e impazzimenti jazzcore finali. Devo proprio farlo il nome di Luca Mai? non credo ce ne sia bisogno, in ogni caso il sassofono di Zu e Mombu è lì, a regalare pochi - ma importanti - secondi di casino jazzistico. Il tesoro finale, the treasure, sa essere equilibrato tra calma psichedelica ed incazzature distorte, altalenante e vagamente mathcore. Ed è così che finisce il terzo lavoro di un gruppo che piano piano è diventato una delle colonne dello stoner italiano. "Così è scritto" o almeno, così sembra.



Duebambini
acidiviola.splinder.com

REVIEW ON 'SODAPOP.IT' (Italy)

ZIPPO - Maktub

Ennesimo misero tentativo di scimmiottare i Mastodon (ultimi) e tutta una certa tendenza stonerevolutiva che nei sopraccitati, insieme a BaronessHigh On Fire ed una manciata di altri è stata in grado di rinverdire un genere sterile e povero di idee fin dalla sua nascita nei primi anni novanta. I nostrani Zippo ci provano, si sforzano, si spremono, attingendo ad una tradizione musicale anni luce dalla nostra che, ovviamente in una band di New Orleans o Savannah ha ragion d’essere, mentre in una band italiana (o almeno in questa) non ce la fa proprio.Sia chiaro (se ancora non lo sono stato) che la mia aspra critica non va all'esecuzione o alla produzione, entrambe più che impeccabili, ma proprio ai contenuti, agli intenti, all'originalità: tutte tare qui presenti che ancora riescono ad irritarmi. Una band più che perfetta per le seconde (se non terze) file della Relapse, ma che non emoziona, non entusiasma, non produce quell’impeto epico indispensabile in un genere tanto abusato ultimamente. Special guest di Ben Ward degli Orange Goblin e Luca T. Mai degli Zu. Consigliato a chi va a comprare l'insalata di riso già pronta e condita e a chi ascolta lo stoner, ma disdegna i Bathory.

Marco Giorcelli
www.sodapop.it

REVIEW ON 'DEEP CYCLOID' (Italy)


ZIPPO - Maktub

72/100
I pescaresi Zippo approdano al loro terzo album per la romana Subsound. Notazioni biografiche a parte, che potete reperire in molte altre recensioni sulla rete, bisogna sottolineare l'eclettismo coerente dell'ensemble abruzzese. Non più simil stoner ma suoni più aperti, chitarre ancora più 'intrecciate', e voce dominante di Davide  Straccione, elementi che presi tutti insieme contribuiscono non poco ad un sound caratterizzante. Non è poco.  Difficile addomesticare il loro sound se non si conoscono, anche se qualcosa di math rock viene in mente con vaghi echi di Tool, Mastodon e Isis, ed anche qualcosa dei Void Generator (Message From the  Galactic Federation) ma molto meno psych. Non a caso la produzione viene affidata, almeno in parte a James  Plotkin. La voce di Straccione, grossa e gutturale, ti costringe a seguire la linea del cantato. La sezione ritmica è sempre in movimento costruendo di continuo groove freddi e che ricordano qualcosa degli anni '80. A tratti, la ritmica delle chitarre rileva i limiti tecnici degli esecutori, il cui risultato, giova ripeterlo, non è mai  banale. Senza accorgersene giungiamo a metà dell'album dove si comincia sentire un certo bisogno 'd'altro'.  Soccorre allora 'We, people's Hearth' con incipit più rilassato e melodie più orecchiabili. Pezzo sicuramente  interessante. Bella anche la successiva 'Simum', vagamente psichedelica. Chiude più o meno con identico  mood 'The Treasure'. Un disco migliorabile ma ben fatto, se vi piace il genere andate sul sicuro.


ENG:
Zippo from Pescara calling their third album for the roman Subsound. You can find the biographical notations in many other reviews but we need to emphasize the consistenteclecticism of the ensemble  from AbruzzoNo more stoner-like but it sounds more open,more 'twistedguitars, and ragged dominant voice of Davide, all of which taken togethercontribute greatly to a distinctive sound. It is  not little. Hard to tame their sound if you do not know them, even if something comes to mind as math  rock with vague echoes of Tool,Mastodon and Isis, and also something of the Void Generator (Message From The GalacticFederation) but much less psych. Not surprisingly, the production is entrusted, at least in part to James Plotkin. The Straccione's voice, thick and throaty, forcing you to  follow the line of singing. The rhythm section is always on the move constantly building groovereminiscent of something cold and 80s. At times, the rhythm guitarnote the technical limitations of  the performers, the result of which, it is worth repeating, is never trivial.Without realizing it we reach half of the album where you start to feel a certain need of'the other'. Then rescues 'We, People's  Hearth' with more relaxed starting and catchymelodies. Piece definitely interesting. Nice also the  subsequent 'Simum', vaguelypsychedelic. Closes more or less with the same mood 'The Treasure'. An improvable recordbut well done, if you like the genre you go on the safe side.

deepcycloid.blogspot.com

REVIEW ON 'ROCKIT' (Italy)

ZIPPO - Maktub



Di etichette da tirare in mezzo ce ne sarebbero a pacchi. Qualcuno ha parlato di post metal, altri ancora di heavy grunge. In realtà questo "Maktub", terzo lavoro in studio dei pescaresi Zippo, finisce per essere così disorientante, colmo di tasselli e suggestioni, che trovare la via maestra per riuscire ad abbracciarlo appieno è impresa abbastanza ardua. 40 minuti nei quali la band si concede incursioni nei più svariati territori sonori, passando da sfuriate che hanno il sapore di certo progressive metal a cavalcate in bilico tra stoner e psichedelia.
Potremmo parlare di "The personal legend", la sinuosa opening-track che si muove tra progressioni e repentini cambi di tempo dettati dalle chitarre. O di "Man of theory", con un pezzo di storia come Ben Ward degli Orange Goblin alla voce. O ancora dello ZU grind sax di Luca T. Mai, che irrompe in due pezzi, lasciando dietro di sé una scia di jazz bastardo. Insomma, tante tessere messe l'una accanto all'altra, a formare un mosaico di colori difficili quanto affascinanti. Un po' come pensare agli Ufomammut meno apocalittici o ai Tool di "Salival".
Un groviglio all'interno del quale a farla da padrone è la voce di Dave, quasi mantrica nel suo salmodiare liriche che prendono le mosse da "L'alchimista" di Coelho. Al di là delle influenze che possono essere più o meno rintracciate, però, quello che dopo svariati ascolti emerge è la grande personalità del gruppo. Che finisce col plasmare l'intero contenuto dell'album, sputando fuori sonorità potenti e abrasive e regalandoci così un disco di rara qualità.

Marcello Farno
www.rockit.it

REVIEW ON 'MAGMUSIC.IT' (Italy)


ZIPPO - Maktub

“Chi entra nel deserto non può tornare indietro. Quando non si può tornare indietro, bisogna soltanto preoccuparsi del modo migliore per avanzare. Al resto ci pensa Allah, compreso il pericolo”.

Dopo aver percorso “la strada della conoscenza” – “The Road to Knowledge”, loro secondo album del 2009 – i pescaresi Zippo si apprestano a percorrere un nuovo viaggio. Protagonisti: te stesso, le tue gambe, la tua mente ed il tuo cuore. “Maktub” – “Così è scritto” in lingua araba – terzo lavoro del gruppo, è ancora una volta un concept (il precedente lavoro era basato sull’opera “Gli insegnamenti di Don Juan” di Carlos Castaneda) ispirato a “L’alchimista”, famoso libro di Paulo Coelho.

Run, trust your heart, never give up. See all things are one, fill your heart with enthusiasm”.

Il viaggio ha inizio.

L’intro è di quelli che non ti aspetti: una potente rullata, poi l’esplosione di tutti gli strumenti. Ecco The Personal Legend. Franz e Sergente, responsabili delle chitarre, vestono i panni di eccelsi pittori (senza nulla togliere al bassista Stonino, responsabile della parte grafica del gruppo): lo strumento diventa pennello per disegnare trame ricche di molti colori. La distorsione si eclissa in un bellissimo chorus. In “Maktub” non ci sono riff da ricordare, solo una moltitudine di colori. Anche il resto della band merita una menzione speciale: il sopracitato Stonino insieme a Ferico (impegnati anche con i Death Mantra for Lazarus e il rinato Santo Niente) formano una tellurica sezione ritmica; e che dire di Dave, il cantante? Una voce versatile, capace di alternare sapientemente momenti melodici e graffianti. Qualcuno potrebbe aggiungere: “Ma cantano in inglese essendo italiani, perché?”. Perché l’inglese è la lingua del metal (o dello stoner, ai posteri l’ardua sentenza per quanto riguarda il genere in cui catalogare gli Zippo).

Ma torniamo a parlare del disco. Il suono è maturo, i cinque musicisti sembra non abbiano intenzione di porre limiti alla propria creatività, irrobustendo il proprio sound con accorgimenti mirati, che alternano memorie progressive (The OmensCaravan to Your Destiny, The Treasure) ad altre legate al (nuovo?) metal (Man of Theory, mozzafiato duetto con Ben Ward degli Orange Goblin, sembra uscita dalla “montagna di sangue” dei Mastodon).  Menzione speciale per We, People’s Heart Simum, probabilmente gli episodi migliori dell’album.

We tell stories of love, fear and rage. Beats scanned and hard, strong enough and brave, run the risk of difficult wagers”.

Una continua evoluzione che sembra non aver trovato ostacoli di rilievo. Belle canzoni, ricche di emozioni e passionalità.

Cammina tante strade, ritorna alla tua casa, e vedi ogni cosa come se fosse la prima volta”.

“Maktub”, una lucente consapevolezza.

Marco “C’est Disco” Gargiulo
www.magmusic.it

REVIEW ON 'ONDAROCK.IT' (Italy)


ZIPPO - Maktub

6/10

Gli Zippo sono cinque musicisti di Pescara che si muovono nell'ambito di un heavy-rock caratterizzato da non lievi connotazioni psych, che emergono in particolare nei brani meno abrasivi e più dilatati. Sono proprio questi ultimi a conferire il vero valore aggiunto a "Maktub", il terzo disco della band, in grado di allargare lo spettro musicale proposto dal quintetto, ora non più protagonista di un nudo e crudo stoner-metal, ma alla ricerca di nuove personali contaminazioni.

Se nei pezzi più scontati si fa il verso ora ai Metallica ("We, People's Hearts"), ora al potente math-rock di Tool e Mastodon ("The Omens", "Man Of Theory"), altrove gli Zippo cercano elementi maggiormente caratterizzanti, alternando sapientemente la sciabola al fioretto. Emergono fra le righe striature di certo grunge prossimo agli Alice In Chains (nell'iniziale "The Personal Legend"), oppure interessanti avvicinamenti al mondo Faith No More in "Caravan To Your Destiny".
Ma il vero valore aggiunto dell'album emerge, appunto, soprattutto nelle due tracce conclusive, nelle quali l'elemento psichedelico prende il sopravvento sulla furia elettrica, lasciando spazio a crescendo di rara intensità.
È presumibile che "Simum" e "The Tresure" si confermeranno nel tempo i veri motivi per i quali "Maktub" potrà essere ricordato.

A "Maktub" hanno collaborato Ben Ward degli Orange Goblin e Luca T. Mai, il sassofonista degli Zu; il mastering è stato curato da James Plotkin, già in cabina di regia con Isis e Sunn O)))), tutte presenze che conferiscono al disco un respiro internazionale. Le numerose esibizioni live, sia in Italia che oltre frontiera, stanno confermando un crescente interesse nei confronti del quintetto abruzzese.

Claudio Lancia
www.ondarock.it

REVIEW ON 'STEREOINVADERS.COM' (Italy)

ZIPPO - Maktub

8,5/10

Abbiamo conosciuto gli Zippo circa un anno fa grazie alla sempre attiva Subsound Record, che ci regalò un album Stoner dai classici retrogusti Kyuss. Non nascondemmo soddisfazione per la solidità del full-lenght e per la voglia di accennare alcune divagazioni più Psychedelic. “Maktub” si sposta ancora più in là nella sperimentazione, mantenendo dei sentori fortemente Rock, ma sterzando considerevolmente al Post/Alternative. Disco che si presenta dalle melodie quasi arabeggianti, frastagliate immagini che si susseguono in un moto perpetuo e lento. Onirici e sornioni, i nostrani musicisti, dimostrano di essere eclettici e fortemente psichedelici. Suoni vanno via via succedendosi intrecciandosi, tappeto ritmico dissonante dalla voce e dalla chitarra, divagazioni che hanno un sapore unico e intriso di personalità. Mai nulla è scontato o prevedibile, così da travolgerci fisicamente ed allo stesso tempo, sconvolgerci dentro. Destrutturato e decisamente folle, “Maktub” contiene singulti di Stoner uniti alla voglia di spingersi a lidi sempre desertici, ma tutti da scoprire. Potremmo parlare di similitudini con i più recenti Baroness, ma tutto ciò non deve fermare l’idea di un project che va molto al di là e che riesce a mettere una personalità unica. Uscita eccellente e che merita attenzione.



Thiess
www.stereoinvaders.com

REVIEW ON 'TAXI-DRIVER.IT' (Italy)


ZIPPO - Maktub

4/5

Il progetto Zippo nasce a Pescara e giunge alla line-up definitiva nell'estate del 2004 con l'ingresso del cantante Davide (Dave) Straccione. Il loro inizio e' pero' datato ottobre 2005 allorche' il quintetto entra in studio per il primo full lenght autoprodotto "Ode To Maximum". Il resto e' storia recente con la collaborazione della Subsound Records per l'ottimo "Road To Knowledge" di due anni fa.
Ora e' la volta di "Maktub", un lavoro ambizioso ancorche' intrigante e vorticoso, che necessita di parecchi ascolti prima di "entrarci" dentro soprattutto per chi era abituato alle precedenti sonorita', ma che probabilmente segna il passo definitivo della band.
Loro amano definirsi "stoner" anche se onestamente, come detto, questo nuovo album sembra un pochino allontanarsi da questa tendenza. Piuttosto possiamo parlare di un "crossover" a tutto tondo con aperture prog/folk decisamente particolari senza dimenticare tortuosi viaggi psichedelici. Questa inversione di attitudine la si nota sin dall'iniziale "The Personal Legend" dove i possenti riff vengono accompagnati dal basso distorto di Stonino, quasi in stile Korn. Korn quindi e non Kyuss come nelle precedenti uscite, ma anche Tool (ad esempio "The Omens"), System Of A Down in certi momenti e Mastodon nell'epicita' di alcuni passaggi prog. Lo stoner propriamente detto si e' ridotto alla potente "Man Of Theory", e non solo per la presenza vocale di Ben Ward degli Orange Goblin, all'esoterica "Simum" con il sax di Luca Mai degli Zu in evidenza e alla conclusiva "The Treasure", forse il brano migliore del disco.
La voce di Dave poi fa da contorno ad un riuscitissimo album, che speriamo possa finalmente avere il giusto merito anche all'interno dei nostri confini nazionali dato che all'estero il gruppo gode gia' di buona popolarita'.
Producono Victor Love e masterizza James Plotkin (Khanate, Sunn O))), Isis) e anche questo e' sinonimo di garanzia.

Cristiano Roversi
www.taxi-driver.it

giovedì 7 luglio 2011

INTERVIEW AND REVIEW ON 'ROCKERILLA' (Italy)























ROCKERILLA
n° 371/372 - luglio/agosto 2011




ZIPPO - Maktub


www.rockerilla.com

REVIEW ON 'STORIA DELLA MUSICA' (Italy)

ZIPPO - Maktub

6/10



Tutte le volte che mi capita di ascoltare un lavoro degli Zippo, penso sempre allo stesso inciso: bravi ma. Capitò all’epoca con l’incensatissimo “The Road To Knowledge”, duemilanove, costruito interamente sulla figura sciamanica e controversa del guru centramericano Carlos Castaneda. Ottima produzione, suoni impeccabili, grande grinta, alcune idee davvero non male. Bravi ma. Pur cercando, a tratti disperatamente, nuovi sbocchi di uscita per il loro stoner “italianizzato” (sì, sono abruzzesi: se non ve l’avessi detto, ci avreste mai creduto?), incrociandolo con i tribalismi cajun, le atmosfere iberiche, la psichedelia latina e certo post-metal vitaminizzato, il risultato era un discreto minestrone, a dir la verità poco coeso, che soffriva sostanzialmente un importante gap cronologico rispetto al nume tutelare allora in voga: quello dei Mars Volta. Un po’ meno sfilacciati, pirotecnici ed esibizionisti, più attenti al quadro generale che all’onda d’urto confusionaria. Eppure il dejà vu, la sensazione di avere di fronte degli onesti e preparati epigoni, non si defilava neppure con le varie ed eventuali considerazioni particolari sul tema.



A “Maktub” – titolo preso in prestito da una novella di Paulo Coelho – tocca in sorte lo stesso destino: un gruppo ancor più migliorato tecnicamente, con una veste sonora in gran parte inedita – tre dischi appena e una continua metamorfosi alle spalle, ne va dato sicuramente atto –, una concezione neo-progressiva della forma/canzone e la benedizione in mastering di James Plotkin, già al lavoro coi furono Isis (dovrebbe già suggerire qualcosa…).Bravi ma. Se a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, a tal proposito “The Personal Legend” fa il bottino pieno: sciame tellurico dietro le pelli, levitazioni allucinogene, basso sciabordante e la voce possente di Davide Straccione. Niente per cui gridare allo scandalo. A meno che non abbiate sentito almeno una volta, negli ultimi due anni, un disco dei Neurosis a vostra scelta e, soprattutto, “Crack The Skye” dei Mastodon. Lo spettacolo inscenato dai cinque di Pescara, se non proprio congruente, è largamente sovrapponibile alle nuove, coloratissime prove di forza su cui il quintetto di Atlanta ha basato il suo nuovo corso: un recupero vintage delprog psichedelico ad alta gradazione metallica, ma fuori dalla sequenza principale delle deflagrazioni in themselves.



Una volta appurato lo scarso imprinting specifico, poi, ci si può facilmente concentrare su altri aspetti. La scrittura degli Zippo ha subito un netto passo in avanti, diventando indiscutibilmente elaborata e particolareggiata (si veda il contrasto armonico tra chitarre e voce nella strofa di “The Omens”, altro trucchetto alla “Capillarian Crest”, con il deserto nelle vene), e la decisione di aprire lo sviluppo sistematico dei brani ad un ventaglio strumentale più ampio aiuta a stornare il presagio di assistere alla corsa ipercinetica di una formazione che, per quanti sforzi riesca a fare, arriva sempre in ritardo sul pezzo. Nulla di nuovo, tuttavia, anche su questo versante, con il richiestissimo Luca Mai che interviene sulla torcida infiammata di “Caravan To Your Destiny”, aprendola verso nuovi scenari di nirvanica serenità zen – e si sente – e in coda a “Simum”, il suono del peyote-addicted trasfigurato dagli ultimi Yakuza – e non si sente –. Non per cercare la gratuita polemica a tutti i costi, ma la lista di formazioni tricolore che si sono avvalse dell’intervento ad opera in corso del sassofonista romano prima dei Nostri, dai Dead Elephant in poi, tende ad un limite infinito. Sicuramente migliori, parlando di do ut des, le abrasioni di “Man’s Theory”, arzigogolato post-core in controtempo suonato sul filo del rasoio, con la partecipazione di Ben Ward, degli Orange Goblin.



“Maktub”, in arabo, significa “così è scritto”. Impossibile calcolare quante volte dischi del genere siano stati scritti. Prendiamo quanto c’è di buono e rilanciamo, provocatoriamente, verso una maturità a venire nel prossimo futuro.




venerdì 24 giugno 2011

REVIEW ON 'PERKELE.IT' (Italy)

ZIPPO - Maktub

7,5/10


Difficile scrivere di un disco come "Maktub", terza uscita dei pescaresi Zippo. Autentica rivelazione stoner rock con il primo album "Ode to Maximum", conferma e maturazione eccellente con "Road to Knowledge" (che ha fatto gridare al miracolo ben oltre le aspettative), consacrazione definitiva con questo nuovo parto. È difficile parlarne soprattutto per chi ha visto gli Zippo all'opera dal vivo: è quella la vera dimensione del gruppo. Su disco ancora non si riesce ad imprimere a pieno tale potenza, quella sfrenata carica che le assi del palco ed il volume degli amplificatori generano. Paradosso dei paradossi, era proprio l'acerbo (forse proprio per questo tanto immediato) "Ode to Maximum" a restituire al meglio il feeling che Davide e compagni emanano on stage (che sia in un grande festival o in un piccolo club davanti a dieci persone, altro aspetto da lodare fino alla morte).La produzione di "Maktub" fa un passo avanti rispetto a "Road to Knowledge" (vero punto debole di quell'album), levigando sì i suoni ma ponendoli su un livello qualitativo piuttosto alto. Penetranti, quadrati, freddi e al tempo stesso groovy. Si percepisce l'operato di Victor Love e di James Plotkin che in quel di New York ha curato il mastering. Soprattutto, "Maktub" suona Zippo. Ormai la band abruzzese ha una cifra caratteristica, uno stile personale. E questo è il più grande dei meriti. La psichedelia heavy è mutata (e mutante): nei sette brani del disco si alternano (post) metal, progressive rock, stoner. Splendida al solito la voce di Dave; intricate e stratificate le chitarre di Sergente e Franz; tentacolari e ossessive le ritmiche di Stonino (basso) e Federico (batteria); artwork e design (opera di Stonino) meravigliosi, da incorniciare in casa.Canzoni quali "The Personal Legend", "Caravan to Your Destiny" e "The Treasure" denotano sicurezza dei propri mezzi e delle proprie capacità, voglia di osare pur rimanendo fedeli ad un "genere". Parlare di Mastodon, Kyuss, Tool, francamente non ha alcun senso. L'apice lo si raggiunge nella parte centrale del disco: "Man of Theory" intreccia pesantezza, ricercatezza e aggressività (guest vocals il buon Ben Ward from Orange 'fuckin' Goblin); "We, People's Hearts" dilata i tempi e nell'oscurità dark delle atmosfere scava fantastiche eappiccicose melodie; "Simum" è psichedelia liquida, abissale, naturistica, esaltata dal sax insinuante di Luca T. Mai (Zu, Mombu). È questa strada che gli Zippo devono battere, perché è dove riescono meglio. «Così è scritto.»

Alessandro Zoppo
www.perkele.it

domenica 12 giugno 2011

REVIEW ON 'METALWAVE.IT' (Italy) - TOP ALBUM

ZIPPO - Maktub

91/100

Osservate, per approcciare il nuovo “Maktub” degli Zippo, la copertina. È un’immagine strana: accattivante ma sfuggente, vagamente fredda e criptica, ma non asettica; quasi impalpabile, ma non astrusa; intimista, ma comunque chiara. Sembra un’immagine dalla doppia personalità, della quale si riesce a cogliere ognuno di questi elementi separatamente, ma mai insieme.
Il terzo album dei pescaresi Zippo è così. È un album che a differenza dello strutturato, lungo e diviso in vari capitoli, nonché precedente “The Road To Knowledge”, è un album che in poco più di 37 minuti condensa 7 canzoni dalle atmosfere molto rarefatte, amorfe, con una batteria praticamente sempre in tempi dispari, un basso che tesse incessante le sue tele, con le chitarre che disegnano trame acide e psichedeliche, ma che non sono quasi mai sopra le righe o predominanti, salvo nei momenti più duri di “Man Of Theory”, rispetto agli altri strumenti pur se contortissime, e con un Dave che per tutto il disco disegna vocalizzi ora soffusi, ora più d’impatto. E il tutto è riversato in uno stile assolutamente ipnotico, unico e personalissimo, che abbatte ciò che di ordinario (poco) era presente nel precedente disco, e che fa entrare di diritto gli Zippo nello sperimentalismo più allucinato dei migliori nomi del genere. Il tutto viene sposato con una resa sonora abbastanza spessa, ma - senza impatto - morbida e praticamente senza spigoli, molto leggera e sognante, talmente tanto che si ha spesso l’impressione di ascoltare un disco jazz proprio per la morbidezza del suono, o alternative in altri frangenti (senza quindi i chitarroni tipici dello stoner). E tutto questo viene eseguito con una cangianza di stili pazzesca, che a volte cita la psichedelia di brani come “The Omens” e soprattutto “The Treasure”, altre volte torna ad essere più d’impatto tipicamente stoner, come nella bellissima “Man Of Theory”, mentre canzoni come “Simum” sono cantilenanti e assolutamente ossessive, per non parlare dell’altro highlight del disco, ovvero la grande “We, People’s Hearts”, che sembra quasi una ballad triste ma tumultuosa e su tempi dispari!Se siete confusi, sappiate che questo disco ha spiazzato molto anche me, e prima di scrivere queste righe ho dovuto riascoltare il cd 4 volte, ma è un disco che, per quanto difficile da ascoltare, davvero non può che far fare piazza pulita agli Zippo, che mostrano con questo album di saper scrivere brani praticamente senza alcun limite di songwriting e di influenze. Certo, citando la precedente recensione su “The Road To Knowledge”, pare proprio che il brano rockettaro gli Zippo non vogliano farcelo sentire, ma dopo l’ascolto di questo disco (non l’avrei mai detto) non ne sento assolutamente il bisogno: gli Zippo ci vanno bene così, punto! Questo “Maktub” è un album praticamente senza difetti, progressivo e psichedelico. Davvero unico. Quasi impossibile da descrivere e recensire, ed unicamente da ascoltare. Il giudizio finale, sic et simpliciter, premia una band che ha veramente sfornato un capolavoro, che batte di gran lunga i suoi precedenti dischi, umilia i pochi punti deboli dei precedenti platter (ovvero trame di chitarra che nel secondo disco cominciavano a farsi un po’ prevedibili e sullo stesso solito stile), strapazza i luoghi comuni di questi generi musicali qui proposti, stritola i wannabes delle chitarre ribassate, ipnotizza l’ascoltatore e lo seduce attraverso veli di musica impalpabili, ma dannatamente efficaci. Chissà come accidenti hanno fatto a comporre questa pietra miliare!?

Snarl
www.metalwave.it

REVIEW ON 'ROCKAMBULA.COM' (Italy)

ZIPPO - Maktub

3,5/5


La Subsound Records è un etichetta che ci sta dando dentro pesante negli ultimi anni, il suo rooster vanta di eccezionali gruppi in cui la tecnica e l' originalità fanno davvero da padrone. Uno dei gruppi di punta dell' etichetta sono proprio gli Zippo, band dedita al Rock Psichedelico con venature Progressive e Sludge.

C'è da dire, che la band tre album ha sfornato e tutti e tre sono diversi da loro, quanto meno si riesce a distinguerli facilmente ed ognuno di essi ha un punto di forza. Ad ogni modo con questo "Maktub", terzo disco della loro discografia, Stonino, Ferico, Dave, Sergente e Franz puntano sul connubio della qualità dell' audio con l' aggressività e le atmosfere baritonali. Insomma il risultato è più che buono, e "The Personal Legend", la traccia d' apertura del disco è il perfetto biglietto da visita. "Maktub" è un elegante disco che si fa ascoltare con mera scioltezza: "The Omens" e "Simum" sono particolari tracce in cui il pulsante basso è un elemento portante che dona alle tracce un fascino fuori dalla norma.

Un'altra traccia che bisogna tener sotto occhio, anzi, sotto orecchio è "Man Theory" che vanta la preziosissima collaborazione di Ben Ward, voce dei grandiosi Orange Goblin. Insomma, per verdetto finale, questo "Maktub" è un disco che farà la felicità di molti e a prescindere da ciò, l' Italia non può che vantarsi di avere un gruppo come gli Zippo.

Vincenzo Scillia

www.rockambula.com

REVIEW ON 'METALITALIA' (Italy)

ZIPPO - Maktub

6/10

Ci riprovano i nostri Zippo. La tecnica è enormemente migliorata, le capacità compositive appaiono decise e molto meno immature e il distacco auspicato da certi suoni grunge e addirittura nu metal (che avevano compromesso un debutto immaturo e ancora in fase "decisionale") è finalmente arrivato e sembra ora completo. Ma siamo sicuri che la direzione intrapresa dalla band abruzzese sia quella giusta? Renderà loro giustizia? Il problema sembra essere sempre lo stesso, insomma. Lo stesso che caratterizza tante altre valide entità del Bel Paese operanti anche in altri campi, sopratutto quello del post-hardcore, dove a parte dei sublimi imitatori non riusciamo a produrre altro. Se band come i Clutch, i Baroness, i Kylesa e i Mastodon (e questi sono solo i vip, ce ne sono a quintali e quintali di altre valide band simili!) già hanno tappato ogni buco disponibile in questo nuovo ma già inflazionato e sovrappopolato segmento di musica heavy che flirta col rock dei Seventies, perchè continuare ostinatamente a sbracciare per entrare in un mondo ormai saturo e dai tratti sempre più banali, solo perchè ultimamente suona tanto figo? Tutti vogliono farsi crescere le barbone, riempirsi di tatuaggi, scolare bidoni di birra, coltivare questa nuova/vecchia immagine da biker psiconauta, alzare a palla le Gibson e gli Orange, e unirsi alla festa più cool del vicinato...ma la casa qua straborda! Si può senz’altro sfoderare un bel dischetto, certo, come questo “Maktub” in fin dei conti è (anche se il suffisso -etto, ahinoi, non si toglie), ma il lavoro in questione è inevitabilmente destinato a vivere all’ombra lunghissima e inscrollabile di band, come quelle sopraccitate appunto, che questa roba l’hanno prima “inventata” e poi imposta ripetutamente (con merito o meno, ma questo è un altro discorso) su una scena ormai infarcita e satolla da fare schifo. Passa anche la voglia di descrivere più nello specifico le sonorità di un lavoro come “Maktub”, se dicendo semplicemente Baroness, Mastodon e Kylesa si è già praticamente arrivati al nocciolo centrale della questione. Il resto sarebbero solo dettagliucci prolissi che non aiuterebbero a capire meglio il lavoro, e non aggiungerebbero alcunchè a queste righe o al valore della band. Sludge metal, prog e rock seventies, ecco qua, si è detto praticamente tutto, e si torna inevitabilmente alle band sopraccitate. Non che uno lo vuole fare apposta, semplicemente non c’è via d’uscita. Gli Zippo sono probabilmente la migliore band nel genere che ci sia in Italia, ma ancora una volta la ciccia vera sta altrove; e non solo a Savannah in Georgia. Ultima menzione, se può interessare, va fatta alla presenza in veste di ospiti di Luca T. Mai (Zu) e di Ben Ward (Orange Goblin) in due pezzi, ma è troppo poco per riaprire il discorso.

Mattia Alagna
www.metalitalia.com

venerdì 3 giugno 2011

REVIEW ON 'HEAVYIMPACT.NET' (Italy) - TOP ALBUM

ZIPPO - Maktub

9,5/10

Avevo già affermato, su queste stesse pagine, che “The Road to Knowledge”, precedente lavoro in studio degli Zippo, era un piccolo capolavoro, e sinceramente non mi aspettavo che la band riuscisse a spiazzarmi dando alle stampe un lavoro superiore a quello già citato. “Maktub” è un lavoro affascinante ma è anche il compimento definitivo per la band.

In realtà, già il precedente album sanciva la rilettura dello Stoner Rock degli esordi in maniera personale ed “elevata” rispetto agli standard canonici del genere. “Maktub” però riesce a fare di più; certo, la circolarità ossessiva tipica del genere, non abbandona mai completamente le nuove tracce ma queste si arricchiscono di sfumature e di colorazioni nuove. Siano essi accenti psichedelici, divagazioni di libero progressive o implosioni noise. Le sette tracce presenti risultano complete e non lasciano nulla al caso, sopperendo a qualche episodio che nel disco precedente restava un po’ indeterminato. Ancora una volta l’arma vincente della band, oltre che in una verve compositiva che spiazza per ricercatezza, è il timbro di Dave, capace sempre di creare scompensi emozionali. Un piccolo esempio di quanto detto è rappresentato da “We, People's Hearts”, brano dalle melodie contemplative.

Naturalmente, come da tradizione, anche i temi del disco si discostano da qualsiasi bieca forma di banalità e questa volta prendono spunto dagli scritti di Paulo Coelho e dal suo testo “Maktub”. Uno scritto che enfatizza il viaggio come fecondo esperire, ed anche in questo caso il riflesso dei testi trova completezza nelle strutture sonore tutte, che proprio in virtù del tema concettuale si svelano entro orizzonti sempre nuovi (“Simum” e “Caravan To Your Destiny”, godono dei destabilizzanti latrati del sax di Luca T. Mai degli Zu). Altra presenza di “peso” è quella di Ben Ward degli Orange Goblin, che da il suo cantato roco ed intenso a “Man Of Theory”.

Concludendo, ad oggi gli Zippo sono una delle realtà più convincenti della scena europea. Una band che capitolo dopo capitolo riafferma una crescita musicale senza pari. Loro hanno scelto la via dinamica del viaggio e per questo eludono restrizioni, e per questo necessitano di ascoltatori liberi e curiosi.

Un capolavoro, registrato, prodotto e concepito in casa nostra. Un vero e proprio spartiacque tra chi ancora imita la scena di Palm Desert e chi ha deciso di interiorizzare la stessa e filtrarla attraverso una personalità vibrante ed una qualità compositiva avara di cadute di stile.

'Cammina tante strade, ritorna alla tua casa, e vedi ogni cosa come se fosse la prima volta’. Paulo Coelho.

Andrea Angelino