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lunedì 2 maggio 2011

REVIEW ON 'FUORI DAL MUCCHIO' (Italy)

ZIPPO - Maktub

Posto come un sigillo irrevocabile e indissolubile “Maktub”, terzo disco dei pescaresi Zippo, sancisce una ulteriore crescita nel sound e nella complessità delle composizioni, che dallo stoner desertico di “The Road To Knowledge” si getta più in là, verso i lidi cervellotici dei Tool, per immergersi in spirali metal da cui è difficile non farsi risucchiare, nelle sue ramificazioni prog e nei sobbalzi sludge. Sempre forte il legame che stringe la band ai rimandi letterari, in questo caso volte alle pagine intimiste e sacrali de “L’Alchimista” di Paulo Coelho, a cui le sette tracce di Maktub sono fortemente ispirate e legate da un filo conduttore elettrico e forte di un magnetismo oscuro. Laddove l’ombra dei Tool campeggia dietro i riff circolari e le esplosioni telluriche di “The Omens” o nelle spirali sulfuree di “Caravan To Your Destiny”, è nei climax di “We People’s Heart” che il cuore tormentato degli Zippo si libra impetuoso in tutta la sua eleganza e possanza, tra arabeschi e atmosfere fumose che esplodono in vortici saturi di carica elettrica, o nell’apporto di Ben Ward degli Orange Goblin a tinteggiare di pece le mura vorticose di “Man Of Theory”. E il caos continua inarrestabile in “Simum”, dove il sax di Luca T. Mai degli Zu deflagra i riff mantrici nel caos primordiale, eclissandosi in un vorticoso buco nero sonoro. “Maktub” è un flusso di coscienze tormentate in cui arrampicarsi fra le sue guglie tortuose implica un esperienza catartica. Un disco metal fatto come Dio Metallo comanda. “Maktub”, “così è scritto”, e non si torna indietro.

Luca Minutolo

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